Sintesi dell’intervento a Bellaria in data 24 settembre 2011.
SINTESI DELL’INTERVENTO A BELLARIA IN DATA 24 SETTEMBRE 2011
La parola “paziente“ evoca, in ognuno di noi, una serie di immagini, di sensazioni, di significati secondo le sue personali esperienze di vita, le sue conoscenze, le sue credenze e i suoi valori.
I diversi modi di intendere la parola “paziente” determinano differenti modalità di comportamenti fra coloro che hanno la responsabilità di prendersene cura e fra gli stessi pazienti che volutamente o forzatamente si affidano alle cure di qualcuno.
Il nostro punto di vista si fonda sul presupposto che il paziente sia innanzitutto
persona e che, come tale, non possa essere solo destinatario passivo di indicazioni di cura, ma possa egli stesso essere
soggetto attivo nelle azioni di cura promosse e sollecitate dal personale medico. Il paziente può essere il protagonista
principale del processo di cura.
Perché ciò sia possibile, occorre innanzitutto che il paziente sia ascoltato e che possa esprimere i suoi bisogni. Questo è
quello che abbiamo fatto, come associazione, con due indagini alle quali hanno partecipato numerosi pazienti. Da esse sono emersi desideri di:
• maggiore informazione sulla malattia e sui dispositivi impiantabili;
• condivisione delle esperienze;
• sostegno emotivo e materiale;
• rappresentanza e tutela;
• una vita quotidiana serena.
Fra i bisogni rilevati spiccano:
• l’esigenza di personalizzare i rapporti di presa in carico (di cura). A tale scopo viene
richiesto di poter avere la continuità di presa in carico da parte dello stesso medico o di una équipe di medici che adottino
identici indicatori di qualità del servizio, in modo da conferirgli equivalenza di valore a prescindere dal medico,
paramedico o tecnico che eroga la prestazione;
• la cura della relazione. Il disagio personale esiste e si manifesta con modalità differenti che rispecchiano le caratteristiche personali e i contesti di vita di ciascuno. è utile poter esprimere il proprio disagio in situazioni protette. In questo ambito l’APDIC potrà fare molto;
• il raccordo fra le istituzioni, per facilitare lo svolgimento di funzioni che comportano
movimento, autorizzazioni, richieste, documenti, svolgimento di un’attività lavorativa
Per tutto questo e per la gestione della condizioni cronica tipica dei portatori di dispositivo cardiaco impiantabile,
occorre che si realizzino due condizioni per le quali l’APDIC è impegnata in prima linea:
1. ridurre l’asimmetria medico-paziente per conferire maggiore efficacia alla presa in carico. Va
ricordato che nelle condizioni acute l’asimmetria può essere utile per non compromettere l’efficacia del trattamento. Nelle
condizioni croniche, l’assistenza richiede contatti estesi e regolari (ripetuti nel tempo). Questa forma di assistenza
presuppone che il sistema sanitario si organizzi diversamente da come fa il contatto episodico previsto per le condizioni
acute. Questo non vuole significare che si debba pervenire a una sorta di confusione di ruoli o a una confluenza che rende
indistinguibile il medico dal paziente. Quello che muta non è il ruolo (o lo status) ma la condizioni con la quale la
relazione si costruisce; il tempo della relazione dovrà comprendere il dialogo e l’ascolto da entrambe le parti;
2. strettamente connessa alla prima condizione vi è quella di rendere il paziente più capace e responsabile
nella cura di se stesso. Nelle condizioni croniche occorre valorizzare il ruolo e la responsabilità del
paziente, potenziandone le conoscenze e le strategie di azione, anche con il coinvolgimento dei parenti prossimi e del medico
di medicina generale. Per liberare il patrimonio di esperienze, di conoscenze e di motivazione che è già presente nei
pazienti (ma che nelle relazioni asimmetriche è notevolmente sottoutilizzato), occorre che ai pazienti
a. siano fornite maggiori informazioni sulla loro salute e sulle strategie di cura. Le
informazioni fanno aumentare la fiducia dei pazienti nei confronti del personale sanitario, mettendoli in condizione di agire
responsabilmente;
b. sia data la possibilità di agire con un certo grado di autonomia (potranno decidere che cosa
fare e come farlo), seppure entro certi limiti – confini – concordati con il personale sanitario;
c. sia data la possibilità di confrontarsi con il loro contesto di vita (parenti e amici) e con altri pazienti, per incentivare un
vero e proprio lavoro di squadra, in sostituzione delle abituali gerarchie che pongono in alto chi fornisce indicazioni (i
sanitari) e in basso chi le deve seguire (i pazienti).
Il Servizio Sanitario e la nostra associazione possono collaborare per liberare le risorse interne di ciascuna persona con
dispositivo cardiaco impiantato, a prescindere dalla patologia che ha reso necessario l’impianto. Tutto il sistema deve
tendere alla piena realizzazione di tutte le persone. Tutti hanno diritto di costruirsi un futuro desiderato e possibile, di essere felici.
Per tutto questo, l’Associazione promuove l’alleanza medico-paziente basata sulla fiducia e sulla cooperazione, e rifugge
forme competitive e rivendicative che purtroppo si stanno sempre più affermando anche nelle relazioni umane.
Armando Luisi
Vicepresidente APDIC
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