Desidero, anzitutto, ringraziare gli organizzatori del Convegno per l’opportunità che offrono ai portatori dei vari dispositivi cardiaci di esplicare, almeno per quanto riguarda l’Associazione che ho l’onore di presiedere, quanto comporta la semplice applicazione di un dispositivo cardiaco, non tanto dal punto di vista fisico quanto, e soprattutto, da quello psicologico.
Certo è di molto più rispondente ai canoni della medicina ricercare, studiare ed applicare sistemi sempre più efficaci al mantenimento della salute fisica, come altrettanto meritoria è la ricerca della migliore professionalità degli addetti alla applicazione dei vari ausili tecnologici.
Perciò ritengo opportuno sostenere che è non meno giusta la ricerca dei mezzi più
idonei a fronteggiare le défaillances del corpo umano, come pure affinare le tecniche per la loro applicazione.
Però, non bisogna trascurare la presenza dell’individuo: i mezzi e la loro applicazione devono tenere conto della
destinazione.
Per di più, ignoro se in ogni complesso sanitario sia prevista la presenza del supporto psicologico per gli operati
cardiaci, certo nessuno ha attestato di avere avuto la possibilità di usufruirne: si controlla il risultato, si constata la
piena aderenza del manufatto e la idonea applicazione della tecnica, ma non si prevede un’attenzione da riservare al paziente.
Eppure si tratta, nella maggioranza, di individui che, in un imprevedibile momento, hanno prima avvertito che il loro
fisico denunciava qualche pecca, poi hanno appreso della necessità di essere sottoposti ad intervento cardiaco e quindi si
sono ritrovati, ancora vivi, ma sicuramente con problemi esistenziali nuovi ed imprevisti.
Un vero e proprio cataclisma investe l’individuo: la vita affrontata nei suoi 360 gradi viene ridotta materialmente in ogni
manifestazione.
Psicologicamente, dopo un iniziale rifiuto, si fa leva sugli affetti, sulla morale, sulle aspettative degli altri.
Ogni pretesto, ogni appiglio si ritiene vitale per offrirsi le motivazioni giuste per guardare al futuro.
E’ importante non isolarsi perché la solitudine comporta la convinzione dell’inutilità di se stessi e quindi anche quella
di lasciarsi andare.
Bisogna reagire, bisogna parlarsi fra individui che hanno lo stesso problema, ma non per parlare del problema, ma per sentirsi ancora validi e disponibili
verso gli altri per qualsiasi forma di sostegno.
In effetti, questi sono i principi fondanti della nostra Associazione.
Lo statuto è, da questo punto di vista, molto esplicativo, perché, nella varietà degli scopi da perseguire, spicca lo
spirito di rapportarsi con altri, proprio per superare le difficoltà, non solo materiali, ma soprattutto spirituali.
E proprio per questo compito, per il suo assolvimento, la nostra Associazione ambisce a rendersi più evidente perché il suo
riconoscimento determini le Autorità sanitarie a prestare la giusta attenzione ai problemi dei portatori di apparati e
faccia in modo che l’aspetto psicologico venga tenuto nella dovuta considerazione, in modo da stabilire una linea continua e
diretta fra gli associati e gli esperti sanitari per le problematiche che insorgono, con varie sfaccettature, per i
portatori dei dispositivi cardiaci
impiantabili .
Occorre sapere, che, al di fuori del proprio contesto associativo, è presente uno specialista disposto ad ascoltare e
quindi fornire le misure atte a superare momenti di crisi.
Questo è l’aiuto che chiedo e sono certo di non rimanere inascoltato.
Data 24 Settembre 2011
Il Presidente
Ciro Carlo Lomastro